venerdì 15 febbraio 2013

Pensieri sparsi

Inizio questo blog con questo pensiero: mio figlio, prima elementare, e compagno( si può dire in campagna elettorale?) di un coetaneo che ha purtroppo qualche problema fisico, le maestre che purtroppo sono scelte non in base alla loro cultura e bravura ma in base ad un punteggio ( se in Q.I. È inferiore alla loro temperatura corporea sono adatte) hanno deciso di fare una festa per il piccolo Pietro.
Ecco purtroppo contro tutti e tutto ho dovuto scrivere queste parole che mi dicono che le insegnanti non capiranno.. È questo che mi preoccupa ancora di più perché dovrebbero insegnare a mio figlio..oddio che confusione io scrivo loro non capiscono ma insegnano. A voi le prossime parole, sparpagliate le a piacere nella vostra mente:


Quanto, di ciò che avete più caro, siete pronti a far  crollare, senza fuggire? Fino a che punto siete disposti a pensare a qualcosa che non vi è familiare? La prima reazione è di paura. Non che temiamo l'ignoto. Non si può temere qualcosa che non si conosce. Nessuno ha paura dell'ignoto. Quel che si teme davvero è la perdita di ciò che è noto. Ecco di cosa si ha paura.
"Io non ho paura degli altri" e mercoledì sarà " io non ho paura di Pietro" ... Io personalmente temo chi ha scritto questo slogan e chi lo applica senza porsi delle domande.
Conosco la famiglia di Pietro da sempre, persone meravigliose lontanissime da questo mondo confuso e ripiegato in se stesso, ove il normale è diverso e viceversa. Dove Noi non vogliamo guardare, perché se lo facciamo potremmo cambiare. Non vogliamo guardare. Se si guarda, si perde il controllo di quella vita che riusciamo a tenere insieme in modo tanto precario.
 E la condizione precaria di questo bambino non ci permette di annoverato tra coloro che ci fanno paura ne tantomeno farlo sentire diverso per farlo sentire uguale agli altri. Non nascondiamoci come si dice dietro un dito ma apriamo gli occhi e pensiamo per un attimo che nostro figlio sia Pietro: vorrei che gli si cucisse una festa ad hoc per un programma e per farlo sentire uguale? E le feste per gli altri bambini a questo punto diversi?
Mentre scrivo mi sovviene un dubbio: che il significato dello slogan sia : io(pietro) non ho paura degli altri? Potrebbe aver più senso.
Non voglio dare ricette a nessuno, non le ho per me figuriamo i per gli altri ma vorrei che si meditasse su queste parole.
La meditazione, infatti, non ha a che fare con il “fare” ma con l’essere. Il termine stesso deriva dal latino meditari, che significa semplicemente “frequentare”; ciò comporta che dovrebbe essere un’attività svolta di frequente, ma l’imprecisione stessa del termine potrebbe costituire un fatto positivo in quanto ci consente di impegnarci nell’attività senza troppi pregiudizi o aspettative.

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